HDC - IL LABORATORIO

* a cura di Alfredo Di Pietro - www.nuke.nonsoloaudiofili.com

La Philips fa dalla resistenza alla macchina da diagnostica per ospedali, dai rasoi da barba alle RMN. In concomitanza con il primo approccio alla filosofia Single Ended, ho voluto affrontare la questione delle armoniche pari e dispari. La valvola 807 a 1,5 Watt genera un 4% di distorsione di seconda armonica, largamente presagibile visto che un triodo manifesta prevalentemente non linearità di seconda. Ho seguito allora un'altra traccia lasciata dalla Ken-Rad, che diceva: "fate distorcere il driver in controfase di seconda e l'abbasserete nel finale", così sono riuscito a contenere la seconda al 2-3%, mentre "tirata" come ho fatto io a 2,5 Watt, sarebbe arrivata all'8-9%. Due anni fa ho fatto suonare il finale stereo con le 807 e un altro con le 300B, quest'ultimo appena terminato, in una saletta al Milano Hi-Fidelity di Stefano Zaini. Nel corso della mostra è scoccata la scintilla, vale a dire l'idea d'impiantare dei finali monofonici sulla stessa meccanica. Perché in quelle elettroniche le valvole sono montate in orizzontale? Per la ragione che le 807 hanno l'anodo in testa e come si fa a vendere un oggetto con la tensione in anodica (molto elevata) a portata di mano? Ecco che la meccanica orizzontale riesce a risolvere questo problema di sicurezza, ma anche a semplificare la costruzione del cabinet.

Purtroppo i tubi così non si vedono, per esporli è necessario rimuovere il top. Questo è un altro grattacapo che sto cercando di risolvere per rendere fruibile alla vista le valvole. Strada facendo mi sono accorto (ma non era stato previsto) che al posto delle 807 potevo montare qualsiasi altro tubo, quindi anche le 300B, che sono il triodo a riscaldamento diretto più in voga. Non è operazione banale mettere le valvole in orizzontale, e non credo che lo faccia qualcun'altro, in quanto il piano su cui giace la griglia dev'essere perpendicolare con il filamento, se "tilta" troppo e i due elementi entrano in contatto, salta tutto. Inoltre ho reingegnerizzato, sempre sulla base dello stesso case, l'unico preamplificatore che io abbia mai disegnato e costruito, secondo me straordinariamente ben suonante. Dal punto di vista commerciale, il mio sforzo è assolutamente artigianale, i prezzi che pratico sono calcolati in un sistema di vendita diretto, dal costruttore al cliente, senza nessun altro intermediario. Se cambia il giro ovviamente salgono. In questi anni il mio sforzo, anche economico, si è concentrato sulla produzione di dieci apparecchi, il problema è ora dargli visibilità, farli conoscere e ascoltare. Ed è quello che d'ora in poi cercherò di fare. Nel '96-'97 ho creato con un amico un marchio dal nome Spectra Sound ed è proprio in quest'occasione che è saltato fuori l'HDC, come acronimo di progetto, non come marchio in sé. Il modello 621 era un classico Push-Pull, da 62 Watt per canale, anche qui la meccanica era molto particolare, malauguratamente dovetti accantonarlo in vista di una produzione perché alla fine risultava troppo costoso.

Pure il modello 312 era un Push Pull, impiegava le valvole 6550 ed erogava 31 Watt per canale su carico di 4 Ohm, con il 2% di distorsione. Implementava una preziosa peculiarità tecnica, riconducibile a una speculazione teorico-sperimentale che non fa ancora nessuno. Tramite due potenziometri a dieci giri, era possibile una regolazione continua tra i due estremi di funzionamento di Push-Pull e Single Ended. In buona sostanza, si poteva passare gradatamente da una configurazione all'altra. Questo però avveniva a scapito della potenza erogata la quale, man mano che si andava verso il Single Ended, diminuiva sempre più (e viceversa). Si trattò di un approccio scaturito in università insieme a un ex collega. Da delle vecchie riviste americane che ho in casa, a me consta che la Manley nel 1996 produceva dei monofonici con le 300B che avevano la controreazione variabile a step, da 0 a 10 dB, e uno switch per il funzionamento in PP o SE. In fondo è un marchingegno dalla semplicità assoluta, perché le cose che funzionano davvero sono solo quelle semplici. Il passaggio da una configurazione all'altra lascia traccia nel suono, che viene progressivamente caricato di seconda armonica risultando più piacevole all'orecchio. Ero talmente convinto della cosa che la ritenevo fattibile commercialmente, lo Spectra Sound HDC 312, infatti, era già pronto per la produzione. Con l'amico che mi finanziava, l'ingegnere meccanico Patrizio Zemiti, curatore delle parti meccaniche dei miei apparecchi, avevamo partecipato addirittura a una fiera a Spoleto nel 1997.

Per l'occasione apparve un trafiletto scritto da Gian Franco Maria Binari, su una rivista di cui non ricordo il nome. Le cose recenti cominciano nel 2012. Ciò che ha dato il via agli amplificatori dell'ultima linea (HDC), quella che ho portato al Milano Hi Fidelity 2016 Autunno, parte sostanzialmente con l'ultimo Top Audio del 2012. Sotto il marchio QVS by Norse presentammo un finale stereo in Single Ended di bassissima potenza, appena 2,5 Watt con le 807 connesse a triodo. Nella saletta c'erano i diffusori berlinesi Voxativ Ampeggio, monovia con un altoparlante Full Range. È nato tutto un po' da lì, casualmente. Si era provato un prototipo l'anno precedente, la Voxativ veniva per la prima volta in Italia e partecipava alla mostra di Stefano Zaini, l'ultima fatta nel Jolly Hotel di Assago a Milano Fiori. Dopo la fiera di Zaini ho conosciuto degli operatori di un negozio milanese disponibili a una prova d'ascolto, abbiamo collegato ai miei finali dei diffusori LS3/5A "licensed", annotando una timbrica assolutamente eccezionale. I monofonici sono sostanzialmente una novità. In una sorta di progetto limite ho costruito l'amplificatore finale di potenza HDC 300B3 SE di cui parlavo prima, con tre dispositivi finali, che sono riuscito ad alloggiare nel medesimo cabinet, proprio quello destinato a tutti gli altri finali. Al momento sono impegnato nella realizzazione di una copertura superiore che dal punto di vista termico sia più sicura. Si capisce bene come questa sia una specie di stufa poiché ogni tubo di potenza dissipa 33 Watt. La sua singolarità sta nell'impiego di tre 300B e non mi sembra che lo faccia nessuno oltre me.

Insomma, mi sono impegnato in una bella sfida con me stesso, se pensiamo che tutti i miei apparecchi sono costruiti da me, senza l'aiuto di nessuno, in tutte le fasi. Non è affatto semplice gestire una meccanica, i rapporti con l'officina sono finalizzati a far capire come dev'essere realizzato un piano di foratura con taglio laser, per esempio, o la piegatura professionale delle lastre metalliche. L'incisione, il controllo delle superfici. In fondo non c'è nulla di straordinario, nei miei apparecchi uso degli accorgimenti che li portano a distorcere prevalentemente di armoniche pari. L'acronimo HDC (Harmonic Distortion Control) si basa fondamentalmente su questo concetto, nell'ipotesi di prendere in considerazione solo la distorsione armonica, non quella d'intermodulazione né l'impulsiva. In ogni caso, seguo sempre il principio di una stretta correlazione tra misure e orecchio. Una volta finito un oggetto, lo porto nel soggiorno e lo ascolto con i miei diffusori di riferimento, che da sempre sono le AR 3a. Ho sottoposto ai test d'ascolto tutti i miei amplificatori sempre utilizzando queste, per avere un riferimento stabile. A questo punto devo spezzare una lancia a favore dell'Acoustic Research, altra grande passione della mia vita. La 3a è una cassa che non ha limiti, più la piloti in modo pulito più il suo suono è pulito. Per il mio godimento personale, quando sono andato in pensione ho comprato da Sergio Marullo anche una coppia di LST (Laboratory Standard Transducer), con quattro medi, quattro tweeter e un woofer, stessi componenti della 3a.

Questa però è una cassa più difficile da pilotare perché piuttosto complessa e vorace di Watt. In più ha un autotrasformatore per poter modificare il livello del woofer rispetto a midrange e tweeter. Invece la 3a, contrariamente a quanto si dice da sempre, non è affatto difficile da gestire, bastano pochi Watt a valvole per farla suonare a dovere. La AR si è impegnata in una grandiosa ricerca sulla 3, il testimone è stato poi raccolto da Roy Allison che l'ha affinata con la 3a. L'originale AR 3 montava delle cupole rigide in materiale fenolico più grandi di quelle impiegate nella 3a, mentre la sospensione esterna del woofer, dotato di gruppo magnetico in AlNiCo, era in tela trattata e non in foam". Questo è tutto...

L 'autore dell'articolo :  Alfredo Di Pietro - Febbraio 2017
Le cose buone non muoiono mai...

Ho avuto il privilegio, in un freddo e nebbioso dicembre, di ricambiare la visita fattami da Dorino. È stato come fare un tuffo in un indimenticabile passato, fatto di bel suono e grandi emozioni, il "sound" della mia giovinezza. In fondo non sono tantissimi gli anni di differenza tra me e lui. Entrambi, io da appassionato e lui da tecnico progettista, abbiamo vissuto in pieno gli anni del boom dell'alta fedeltà. Mi conforta pensare che, nonostante l'inesorabile passare degli anni, le buone idee da cui e partita la storia dell'alta fedeltà non sono morte, ma dopo un periodo in cui sembravano dimenticate, sono ritornate a risplendere in tutto il loro fulgore. Ho scoperto in Dorino non solo un tecnico finissimo ma anche un grande intenditore di musica. E che suggestione è stata aver riascoltato, dopo decenni, l'incredibile suono delle AR 3a, pilotate da un valvolare stereo da appena 2,5 watt per canale! Un medio d'indicibile dolcezza ha riportato nel salotto di Dorino la voce stupendamente espressiva di Luigi Tenco e io ho capito di colpo qual è la magia di un Single Ended a Triodo.
Sono rincasato portandomi dietro due finali HDC 807, li ho collegati a ponte per avere 5 Watt in uscita, cinque piccoli meravigliosi Watt che hanno fatto suonare le mie Canton LE 109 come mai era successo prima. Insieme a loro c'era anche il preamplificatore linea HDC 1A, l'ho collegato oltre che ai due 807 anche con ai miei due finali a stato solido, che ne sono usciti grandemente nobilitati da una timbrica dolcissima e musicale.